OLTRE IL SOFFITTO DI CRISTALLO
Luci e ombre delle quote rosa
Soffitto di cristallo, glass ceiling. Si tratta di un termine introdotto negli Stati Uniti dal movimento femminista. È quella barriera invisibile, ma ben presente con cui le donne si scontrano nell’avanzamento di carriera e nel riconoscimento di pari retribuzione.
È un mondo ancora per maschi, quello lavorativo, e non solo in Italia. Secondo la Commissione Europea, le donne guadagnano circa il 16% in meno dei colleghi (a parità di mansioni): in pratica, come se lavorassero gratis 59 giorni.
L’ultima indagine dell’Istat sui differenziali retributivi in Italia parla di un Paese in cui gli uomini percepiscono 1,8 euro all’ora in più rispetto alle donne nel settore privato. La differenza tra i giovani sotto i trent’anni è fortunatamente contenuta – segno che per le nuove generazioni qualcosa sta cambiando – ma si allarga esponenzialmente con il crescere dell’età.
Se parliamo di leadership, ancora oggi, la stragrande maggioranza delle posizioni di potere nella politica e negli affari è ricoperta da uomini. È il risultato di meccanismi di discriminazione, come stereotipi e pregiudizi e, allo stesso tempo, di processi di autoesclusione delle donne stesse, per mancanza di sicurezza nella proprie capacità, per scelte legate al proprio ruolo familiare, per assenza di flessibilità nella gestione dell’orario di lavoro.
“Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella zona grigia in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi” (Rita Levi Montalcini)
Lo strumento scelto dal nostro Paese è quello delle quote di genere (meglio conosciute, come “quote rosa”). È una soluzione che ha scatenato ampi dibattiti. Io sono tra chi le ha viste come una rassegnata resa al fatto che in Italia criteri di merito e competenza non possano spontaneamente essere adottati nella selezione, senza guardare al sesso di appartenenza. Saremmo indubbiamente più liberi se potessimo essere noi stessi senza il peso delle aspettative di genere. Eppure, bisogna riconoscere come le quote rosa siano purtroppo un passo necessario (anche se amaro) e come la pressione normativa sia essenziale.
Nelle istituzioni: dal 2012 in poi sono state emanate diverse leggi volte ad adottare nei sistemi elettorali la doppia preferenza alternata di genere per i consigli e le giunte degli enti locali, i consigli regionali e poi per le elezioni del Parlamento Europeo.
Nell’economia: la Legge 120/2011 ha introdotto l’obbligo temporaneo di rispettare un’equa rappresentanza di genere nei consigli di amministrazione e collegi sindacali delle società quotate e partecipate pubbliche. Prima di questa data la presenza delle donne nei consigli di amministrazione era pari al 7%, oggi siamo al 23% (e al 27% per quanto riguarda ruoli di leadership in azienda).
Si tratta di una misura temporanea, valida sino al 2022, pensata come un elemento di rottura necessario. L’idea è infatti che, una volta minato lo status quo alla radice, le quote non saranno più necessarie.
Difficile fare previsioni, certo è che ostacolare la presenza delle donne in posizione di vertice solo in quanto donne, è come pensare di vincere la partita con metà squadra rimasta negli spogliatoi. La partita è una e va giocata sul terreno del merito, non su quello del genere di appartenenza.
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