FACCIAMO RETE?
Dal welfare aziendale al welfare condiviso: quali opportunità.
Conciliare famiglia e lavoro è una necessità. Ma come favorirla in concreto?
Il Codice delle pari opportunità (D.lgs 198/2006) all’art. 42 riconosce le c.d. “azioni positive”. Si tratta di azioni volte a favorire, anche attraverso modifiche dell’organizzazione e del tempo di lavoro, il riequilibrio delle responsabilità familiari e professionali tra i due generi.
Gli strumenti posti in essere dalle Aziende possono essere tanti: la banca ore, l’orario flessibile, corsi di formazione specifici, il part-time “a tempo”, cioè legato a particolari periodi di vita (maternità o assistenza a genitori anziani, ad esempio), i nidi aziendali o convenzioni con asili già presenti sul territorio, il telelavoro, bonus per campi estivi o baby sitter.
Alcune di queste misure comportano investimenti notevoli, per questo più facilmente sostenibili da aziende di grandi dimensioni. Ma va evidenziato che l’art. 9 della Legge 53/2000 prevede l’erogazione di contributi in favore di quelle imprese che attuino questi strumenti (e spesso i soldi destinati a questo Fondo restano inutilizzati!).
Le aziende che pongono in essere azioni positive non si limitano a fornire ai dipendenti strumenti per liberare il tempo o per articolare diversamente la prestazione lavorativa, piuttosto identificano nel lavoro stesso l’origine della difficile conciliazione tra tempi di lavoro e tempi dedicati alla famiglia.
La mia definizione di femminista è questa: un uomo o una donna che dice sì, esiste un problema con il genere così com’è concepito oggi e dobbiamo risolverlo, dobbiamo fare meglio. Tutti noi, donne e uomini, dobbiamo fare meglio.” (dal discorso di C. Ngozi Adichie, Dovremmo essere tutti femministi)
I risultati sono evidenti. Le statistiche dimostrano un miglioramento del clima aziendale, una diminuzione del tasso di assenteismo, un aumento dei rientri dalla maternità, un maggiore senso di appartenenza dei lavoratori e delle lavoratrici all’impresa. Il benessere individuale dei dipendenti genera, a sua volta, effetti positivi sull’assetto organizzativo dell’attività. È in questi termini che investire sul welfare aziendale può diventare un’opportunità per tutti e non (solo) un costo.
La vera scommessa per il futuro diventa favorire sinergie tra istituzioni, imprese e soggetti erogatori di servizi, veri e propri patti territoriali in materia di conciliazione, dove ognuno faccia la sua parte. Dal welfare aziendale ad un welfare condiviso. Fare rete, creare occasioni di confronto, incentivare lo scambio di “azioni positive” tra le aziende, pubblicizzare ciò che di buono viene fatto. Affermare che la conciliazione lavoro-famiglia non è un problema privato, ma è questione della società.
Un esempio? A Bologna esiste la Gender Community Network: una Rete a cui partecipano numerose Aziende del territorio (e a cui altre possono aderire), sensibili nei confronti delle problematiche connesse al tema del lavoro femminile, delle pari opportunità di genere e del benessere organizzativo (qui maggiori info www.gendercommunity.net).
E a vostro avviso quali strumenti potrebbero maggiormente favorire la conciliazione tra lavoro e famiglia? Nel vostro lavoro avete riscontrato “azioni positive”? Raccontateci la vostra esperienza!
Contatti: ec@studiolegalemigliori-torrella.it